Uno dei siti Neanderthal più importanti d’Europa è la grotta di Fumane, in Veneto. Negli anni sessanta i lavori di sbancamento di una strada misero in luce i ricchi depositi paleontologici.
Tutto ciò fu notato dall’appassionato Giovanni Solinas e il figlio Alberto; tuttavia sarebbero passati molti altri anni ancora, prima che la grotta iniziasse a essere svuotata dai detriti.
Il fondo della grotta di Fumane fu portato alla luce nel 1994. Le datazioni al radiocarbonio mostrarono un’età di circa 45 mila anni, in accordo con altri siti.
Nel 2014 l’Università inglese di Oxford retrodatò l’estinzione dell’uomo di Neanderthal, collocandola a circa 40 mila anni fa (39000 per la precisione). L’articolo, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, fece immediatamente clamore.
L’autore dello studio aveva esaminato decine di reperti provenienti da una quarantina di siti in tutta Europa, compresa la grotta di Fumane, datandoli con spettrometro di massa con acceleratore ad altissima precisione.
Il dibattito attorno ai Neanderthal, alle loro capacità cognitive, all’interazione con Homo Sapiens e alla loro definitiva estinzione, è certamente uno dei più belli e avvincenti nella lunga storia dell’uomo.
L’originaria teoria secondo cui i Neanderthal non erano anatomicamente moderni subì le prime grosse falle nel 1979; quell’anno, in Francia, nel sito di Saint Césaire, fu ritrovato uno scheletro neandertaliano insieme a reperti ornamentali appartenenti alla cosiddetta cultura castelperroniana (dalle grotte francesi di Châtelperron), da sempre attribuita a Homo sapiens.
Nel 1995 un nuovo mistero si fece avanti: molti archeologi ritennero ci fosse stato un errore in alcune attribuzioni Neanderthal – H. sapiens nel sito francese di Grotte du Renne di Arcy-sur-Cure.
Ma non ci fu nessun errore: difatti nelle grotte spagnole di Cueva de Antón e Cueva de los Aviones si scoprirono alcune conchiglie con tracce di pigmento rosso.
L’Università di Barcellona arrivò alla conclusione che in entrambi i siti spagnoli (nonché in quello francese), i Neanderthal adoperavano queste conchiglie come contenitori per pigmenti facciali, per poi perforarle e usarli come pendenti.
Ne risulta che continuare a pensare ai Neanderthal come degli scimmioni senza cervello è un grave errore! Homo sapiens non è l’unico ad avere capacità cognitive degne di nota.
Le domande sorgono spontanee.
Queste capacità cognitive erano presenti nell’antenato comune allora? O sono state acquisite dai Neanderthal nell’interazione con Homo sapiens? O magari siamo stati noi ad acquisirle da loro?
Nella grotta di Fumane negli ultimi anni sono state riportate alla luce ossa di varie specie di uccelli (omero distale dell’ala, l’ulna e il carpometacarpo) che mostrano microscopici segni da taglio, la cui distribuzione sulle ossa indica una rimozione intenzionale delle penne, non per scopi alimentari. I ricercatori italiani che guidano le ricerche nel sito di Fumane sono giunti alla conclusione che i Neanderthal usavano adornarsi di penne, esattamente come gli indiani d’America.
Nel 2016 università italiane hanno cooperato per la pubblicazione del loro lavoro di ricerca sulla rivista Quaternary International.
I risultati sono straordinari e gli scienziati hanno dimostrato che le tracce trovate sulle ossa di questi rapaci dimostrano come l’uomo di Neanderthal intervenisse sulle ali per ricavare piume, con cui adornarsi, ma anche per ottenere utensili dalle ossa.
Tra i reperti Neanderthal di Fumane figurano solo denti. A pochi chilometri da Fumane (Riparo Mezzena) un dente ha fornito il primo DNA di Neanderthal.
40 mila anni fa la zona della grotta di Fumane era una zona temperata ricca di foreste di conifere con cervi giganti, stambecchi, volpi, alci e orsi. I Neanderthal dell’Europa e del Medio Oriente erano cacciatori formidabili, e su questo sono concordi tutti gli archeologi che hanno studiato i più importanti siti francesi, spagnoli e italiani.
Aaronne Colagrossi
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