Il litio sembra essere il prodotto del futuro
Il mondo sembra sempre più affamato di litio, in particolare quel settore dell’industria mondiale dedicato alle batterie. La Bolivia è uno dei paesi che sogna di arricchirsi estraendo il metallo dalla sua immensa salina naturale: il Salar de Uyuni.
Il Salar de Uyuni è una distesa di diecimila chilometri quadrati a 3600 metri di quota. Subirà serie alterazioni in seguito all’estrazione quasi incontrollata. Forse anche danni irreversibili, se si procederà in questa direzione. Ma è anche vero che il mondo dell’elettronica si muove troppo velocemente per poter affrontare decisioni sagge: e la fame di litio per le batterie cresce sempre di più.
Uno dei deserti di sale più grandi al mondo
Sotto questa gigantesca salina, si nasconde uno dei più grandi giacimenti di litio del mondo. I ricercatori stimano che ci sia il 17% del litio del pianeta, oltre grandi quantità di boro, potassio e magnesio. Il governo boliviano vuole spremere questo limone, spera di uscire dal vicolo cieco della miseria. Il 40% della popolazione vive in povertà.
Dopo aver perso la guerra con il Cile, nel 1905, la Bolivia è rimasta priva d’identità e ha dovuto rinunciare all’affaccio sull’oceano Pacifico. Ciò l’ha chiusa in una morsa geografica e politica condita da colpi di stato e malgoverni. Se i vicini Brasile e Argentina crescevano, la Bolivia cadeva nel baratro.
Se Cile e Argentina (altri produttori di litio) gestivano le loro risorse naturali con oculatezza, la Bolivia cedeva i diritti delle risorse minerarie a società straniere per profitti immediati ed effimeri.
L’aumento delle vendite di veicoli elettrici sta incrementando l’estrazione di litio.
Tutto ciò che l’oro ha significato nelle ere passate, e il petrolio successivamente, potrebbe essere nel futuro per il litio.
Oggi il litio è richiestissimo, in quanto componente elettronica fondamentale per computer, cellulari e altri dispositivi elettronici.
Nel 2017 il consumo annuale di questo metallo era di circa quarantamila tonnellate, con un aumento del 10% ogni anno. Tra il 2015 e il 2018 il prezzo è triplicato, praticamente.
Se si pensa che Francia e Gran Bretagna hanno annunciato che entro il 2040 bandiranno la vendita di auto a gasolio e benzina, appare evidente che una nazione ben fornita di litio non dovrà più temere la povertà (forse).
Siti estrattivi
Il litio viene estratto sostanzialmente in ogni continente, eccetto l’Antartide. Tuttavia il settanta per cento delle riserve mondiali si trova in Sudamerica, a seguire l’Australia.
Il triangolo del litio è quello che si trova tra Argentina, Cile e Bolivia. Il Cile lo estrae dagli anni ottanta. Il suo governo è stato più ospitale verso gli investitori stranieri e ora vanta ottime esportazioni di litio e rame.
Nel 2013 è iniziata la produzione di carbonato di litio in Bolivia. La salamoia si trova fino a 20 metri sotto la superficie, poi viene pompata nelle vasche. Il governa spera di portare a 20, il numero delle vasche totali. Numeri non da poco.
Il litio in natura si può estrarre in due modi: tramite depositi salini e dalla roccia. Il primo metodo è più economico, ma richiede più tempo; il secondo è più costoso, ma richiede meno tempo.
Nel mondo i siti estrattivi dal sale, escludendo quelli sudamericani, ve ne sono alcuni in Cina e negli Stati Uniti occidentali.
I siti estrattivi da roccia vi sono al primo posto l’Australia e a seguire: Cina, Afghanistan, Russia, Stati Uniti orientali, Canada e Africa australe.
Fino al 1990 l’estrazione dalla roccia era il metodo principale, poi, con la tecnologia moderna in rapido avanzamento, il carbonato di litio dei depositi salini ha preso il sopravvento.
Tecniche estrattive
Per quanto riguarda l’estrazione da roccia, tra i minerali che contengono il litio vi è lo spodumene. Lo spodumene è un minerale delle pegmatiti, abbondante nelle rocce magmatiche, il cristallo si presenta con forme molto grandi e allungate. Il nome deriva dal greco, e indica il color cenere.
I depositi a spodumene vengono scavati da miniere sotterranee o a cielo aperto, il filone di roccia viene così frantumato pezzo per pezzo. I minerali di litio sono separati in un concentrato e in un mese circa, mediante lisciviazione e arrostimento, si producono sostanze a base di litio.
Dai depositi salini si estrae invece una salamoia (soluzione di acqua salata). Si scavano dei pozzi nelle falde acquifere del deposito di sale, si estrae l’acqua e la si mette in vasche di evaporazione, dove si eliminano le impurità.
Nelle vasche vengono aggiunte sostanze che portano il solfato di litio a cristallizzare. Il liquidi viene poi mescolato con calce, da cui si estrae magnesio in forma di pasta grigia. Dopo viene filtrato il solfato di calcio e si aggiungono composti per formare il carbonato di litio, che viene fatto essiccare.
Come capirete immediatamente, il secondo metodo è molto più laborioso, ma è il meno costoso come dicevo prima.
E l’impatto con l’ambiente?
Questi cumuli grigi di magnesio che fine faranno nella futura Bolivia industrializzata? Si chiede la comunità scientifica. Il governo boliviano dice che il cloruro di magnesio può essere rivenduto come antighiaccio sulle strade. Ma è un po’ dura da visualizzare questa opzione. Il problema, spiegano alcuni geologi boliviani, è che il magnesio nei depositi salini del Salar de Uyuni è molto più alto di quello cileno e argentino.
Un altro grosso problema riguarda le falde acquifere che verranno interessate. Da questi depositi di sale boliviani nascono due grossi fiumi, fondamentali per i produttori di quinoa, di cui la Bolivia è il secondo esportatore al mondo.
Inoltre il deserto è meta del 90% del turismo boliviano. In caso di estrazione mineraria, esso verrebbe certamente deturpato.
Aaronne Colagrossi
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Fonti: National Geographic.